lunedì 3 febbraio 2014

Il fischio, raccontino.

    Non mi invento nulla, le stavo parlando di quella volta lì, dal barbiere; mio figlio era piccolo, sui cinque anni, decisi di portarlo dal barbiere del paese in cui allora vivevo, un bel taglio vivo e via... Dicono che i barbieri, i sarti, siano spesso spie o anarchici, ma sono dicerie di un tempo che fu. Questo barbiere invece mi sembrava semplicemente un po' impiccione, un gradino al di sotto del titolo di spia: subito cercò di capire chi fossimo, da dove venissimo, e il suo sguardo indagatore mi sembrava interloquire con quello dei clienti abituali del ''salone'', come si chiamano ancora dalle mie parti; le attese del barbiere e dei suoi amici mi sembravano andare deluse dalle mie frasi quasi appena accennate... - che sì, che abitavamo in quel paese da qualche anno -, - che però non conoscevamo quasi nessuno -, e altre frasi ugualmente di scarsa portata; prolungandosi l'attesa, l'interesse verso la presenza mia e del bambino scemò quasi del tutto...
    Finalmente potevamo aspettare il turno per il taglio dei capelli, solo infastidito, io, dall'eloquio un po' sopra le righe di qualche sfaccendato che cercava di attaccar briga sparlando di questo o quell'altro calciatore, ben conoscendo le tendenze calcistiche dei destinatari delle frecciatine che lanciava.
Mi ripromisi di non metter più piede in quel posto, non accettavo che si parlasse in quel modo in presenza di un bambino.
    Ma ormai eravamo lì, e ci eravamo, quasi, quando mi accorsi che il barbiere, indicando con le forbici trattenute a mezz'aria il posto dove sedevo, stava dicendo che quel tale era seduto proprio lì, al posto di quel signore lì... cioè del sottoscritto.
    Smisi il mio disinteresse e mi feci attento... colsi nel racconto del barbiere... che l'uomo - il nome mi era sfuggito - era entrato sorridente, aveva scherzato, aveva aspettato pazientemente e poi aveva chiesto un 'servizio completo', barba, capelli, shampoo, e anche i peli del naso, sì, anche quelli... doveva farsi bello, mettersi in ordine, non voleva sfigurare, - così disse -, per andare a buttarsi sotto il treno.
    Certo il barbiere non poteva immaginare che un giorno gli sarebbe toccato di dover raccontare questa storia, certo che no. Nessuno aveva creduto a quella che di lì a poco si sarebbe rivelata essere una dichiarazione inappellabile, precisa.
    Intanto mi sono alzato da quella sedia: fortunatamente, un po' distanti, su un tavolino di vimini c'erano dei giornali...
    A un centinaio di metri si sentiva il fischio del treno, come un brivido ripetuto.
   Io non l'avevo avvertito, mi ero distratto, e non avevo capito che quel fischio che non smetteva aveva richiamato quel ricordo alla mente del barbiere: era lo stesso fischio di qualche anno prima; anche l'ora, e il luogo, erano gli stessi, più o meno.
4 agosto 2010

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