domenica 23 marzo 2014

Cazzata documentale n°15 (SUD )

  Perché annoto qui questa 'cazzata numerata' (quel numero 15 la fa rientrare nel novero di altre sciocchezze)? Perché ho lasciato che sopravvivessero 'cose' come quella che segue? Non lo so... forse per avere ricordo di me, negli anni, o mettere insieme pietruzze di una storia mia personale, con la esse minuscola. 
   La scritta di cartone la leggevo spesso, sulle scatole di banane, dal fruttivendolo davanti al quale passavo per andare a scuola, sulla immancabile via Roma, che, tanto per non smentirsi, è la via principale anche del mio paese.
   Il seguito non è, comunque, un piagnisteo sul meridione e sullo 'straviamento', cioè il vivere lontano da casa: ho chiara ed effettuale coscienza della mia rinuncia a qualsiasi forma di nostalgia; vi è un accenno alla storia della Calabria, con la sua decadenza, che coincise, in gran parte, con la crisi dell'industria della seta, eccetera eccetera. Forse oggi mi sento un po' eccetera... e così via. 
   Cazzata documentale numero 15. 
15 (SUD )
Mi rimane
impressa
una scritta oramai di cartone:
product of Ghana.

Si accende negli occhi
come un riverbero di sera
che mi risale
da gole serrate e porte
sdrucite nella memoria.

Sa di magazzinaggi e juta
la mia memoria.

E’ qualcosa di simile a un Sud
più in ritardo, più lontano
di corpi ed alberi
i semprearsi.

Esulo ancora, retrò
cedo
all’oleografia, alla condanna:
esisteranno
meridionali immaginari
incanalati verso il silenzio
senza un pane che non sia
il viatico inoffensivo di un mito...

O siamo un altro popolo verso la dissoluzione
noi mai chiamati popolo meridionale
noi gli italiani a forza
sdrucciolevoli
labili
bacati.

Poi che così era deciso:
che fossimo bruchi incapaci
di crescere
avere ali
gemmare.
Coi nostri inutili gelsi.
Menzogna.
Non c’era industria per i gelsi.

Siamo rimasti maschere
così
un po’ apotropaiche crisalidi stanziali.
1989.

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