sabato 11 aprile 2015

polvere


...non potevamo altro, il nostro ruolo ufficiale ci impediva di aggiungere parole, anche le nostre note erano scarne, ridotte all'essenziale. Il resto, di voi, di come eravate, di cosa sentivate, andava intuito e interpretato, con grandissimi margini di errore. Vi abbiamo osservati in silenzio, spesso ci siamo dovuti sottomettere alla segnalazione impietosa delle vostre scene mute, non abbiamo potuto sottrarci a quei vostri sguardi smarriti, a quelle lacrime sul limitare degli occhi.
Tanto tempo è passato; la polvere, dapprima, ha avuto la meglio, poi questa informatica avventizia, rabberciata, è sopraggiunta a limitare ulteriormente ogni nostra possibilità di intervento in vostro favore.
Avevamo facciate color carta da zucchero, o di cielo denso, come di nuvole rapprese su una sinopia azzurrognola. Chissà cosa pensavate, nell'osservarci...
Io ricordo di uno sempre attento, dallo sguardo perso quasi sempre dietro a quella del primo banco, sempre pettinato male e vestito alla meno peggio... veniva da un qualche paesino, e si vedeva, si capiva subito, da come guardava tutto quello che le finestre gli lasciavano intravedere o sognare.
Siamo stati bene con la maggior parte di voi, sì, non abbiamo vissuto grandi traumi... eravate quasi tutti di buona famiglia, spesso portatori di sicurezze che andavano anche oltre le aspettative... certo, in questi casi la bellezza dei sogni ne risente, ma tant'è... vi hanno fatto accontentare di sogni al risparmio spacciandoli come piccole fortune.
Oggi qualcuno di voi, di sicuro, ci utilizzerà ancora, la nostra funzione ufficiale non si è ancora esaurita, e durerà ancora a lungo, probabilmente, ma ricordare come eravate un tempo, quello è altro.
Tra di voi ce n'era sempre qualcuno più lesto a carpirci informazioni, segreti che custodivamo con non troppo accanimento... vi ricordate quel morettone con le labbra grosse, perennemente impreparato, ma un vero maestro nel cogliere i movimenti delle mani, e il gesto che veniva a segnalarci una manchevolezza, una insufficienza, o una piccola conquista?
Altri tempi, sì, oggi per noi registri di classe la vita si è fatta difficile, non sono più quei giorni in cui godevamo del frusciare della copertina contro i seni ansanti delle giovani supplenti, né più è tempo di quelle ore trepidanti di interrogazioni in cui quello più vispo cercava di cogliere sbirciando il voto, suo e dei compagni.... era bello per noi, nasconderci ma non troppo, dietro il vezzo di un puntino o di un segno personalizzato, criptico, del docente.... 
Il nostro tempo è già stato, si sono aperti dapprima gli armadi polverosi degli archivi, poi l'abisso della defoliante digitalizzazione... non c'è più nulla da istoriare, basta digitare, digitare, digitare, senza voltarsi a riguardare: a chi importa, se non a voi, quello che eravate? Presenze, assenze, serie infinite, bodleiane, di uno e di zero, tutto qui... 'Tutto qui', aggiunse, ripensando a quei registri impolverati, muti custodi di una adolescenza, di una giovinezza abbandonata da qualche parte di una stagione preda di sogni e di ricordi. 
- Troppa malinconia fuori luogo, troppo pretenzioso volere far parlare un registro - pensò: 'fine, con iniziale minuscola'.

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